Azzeramento dell’IVA sui beni primari, compensazione dei crediti delle aziende verso la pubblica amministrazione; via la rata IMU di giugno, riscrivere le regole del lavoro introducendo un meccanismo virtuoso tra contratti nazionali e territoriali; puntare sulla competitività delle aziende che passa anche attraverso ‘l’innovazione’ nel rapporto tra imprenditori e dipendenti. Sono alcuni ‘titoli’ di una piattaforma in progress di cose da fare, che Gianfranco Librandi, imprenditore e parlamentare di Scelta Civica, offre come contributo al lavoro dei ‘dieci saggi’. Battendo su un tasto: la ripresa economica. Unica e vera molla della ricostruzione nazionale.
Cose da fare, subito. Cose possibili, ragionevoli, senza allentare troppo i cordoni di una borsa molto stretta e tuttavia, fondamentali per dare una boccata di ossigeno a imprese e famiglie. “Cose di buon senso che intendo mettere al servizio di un lavoro comune per il bene del Paese”, spiega Librandi a Intelligonews, fiducioso che il lavoro dei ‘facilitatori’ “possa portare all’elaborazione di una convergenza su pochi ma essenziali punti per rimettere in moto il nostro Paese”. L’auspicio di fondo è mettere insieme le migliori idee, una sorta di ‘superprogramma virtuoso” tenendo lontane (almeno per una volta) le bandierine politiche e i giochi di parte. Librandi è convinto che “se c’è la volontà, si può fare”.
DOSSIER IVA. Per rivitalizzare i consumi, Librandi propone “l’azzeramento dell’Iva sui beni primari” da compensare con un aumento della tassa sui beni voluttuari. “In un momento come questo occorre stabilire priorità e le prime cose da fare sono far ripartire i consumi e sostenere le imprese. Non ci sono formule alternative se vogliamo veramente aggredire gli effetti della crisi”.
IMPRESE-PA. C’è un’azione immediata da mettere in campo: compensare i crediti che le aziende vantano nei confronti della pubblica amministrazione. “Significa che le imprese possono detrarre ciò che devono avere da tasse e contributi che devono versare. Anche qui, non c’è tempo da perdere. Il governo farà la sua parte ma questa può essere una valida e rapida alternativa”, spiega Librandi che poi ‘apre’ un altro dossier ‘caldissimo’.
IMU. Un sacrificio da quattro miliardi chiesto a imprese e famiglie. In un momento come questo non “è possibile sostenere la rata di giugno, sarebbe un disastro. Specialmente per le aziende perché la maggior parte della quota che lo Stato incasserà deriva proprio dall’Imu sui capannoni aziendali. Le aziende non ce la fanno e di questo tutti insieme dobbiamo farci carico”. Come? Librandi propone “uno spostamento della rata di alcuni mesi, ma la tassa in sé va rivista, ammorbidita e nell’immediato – visto che non possiamo non tenere in ordine i conti pubblici – rateizzata in modo da venire incontro alle esigenze e ai problemi dei cittadini”. Non solo: anche l’Imu può rientrare nel capitolo della compensazione dei debiti della Pa verso le imprese.
COMPETITIVITA’. E’ il chiodo fisso di Librandi. Da imprenditore batte da tempo il tasto dolente del sistema produttivo italiano. “Va ribaltato il sistema. Contare sui soldi pubblici non serve a risolvere il problema. Piuttosto, è necessario agire su due fronti. Il primo: cambiare le regole di convivenza tra sindacati e imprese. Il contratto nazionale deve essere la cornice che fissa le condizioni generali. Poi, ogni azienda deve essere libera di costruire insieme ai dipendenti una contrattazione territoriale all’interno della quale la priorità sia la salvaguardia dei posti di lavoro ma attraverso una revisione dello status quo”.
Librandi guarda al modello tedesco (che da imprenditore conosce molto bene); la parola-chiave è “condivisione”: “La competitività si incrementa instaurando un rapporto virtuoso tra aziende e dipendenti”. Imprenditori e dipendenti devono condividere le responsabilità. Come? Ad esempio partecipando agli utili dell’impresa. “Intanto che la politica prende tempo, noi dobbiamo costruire un presente e un futuro per il nostro sistema produttivo. Trovo inoltre necessario e non più rinviabile, alleggerire il carico burocratico che grava sulle aziende. Cominciamo dal redditometro, ad esempio. Va cancellato subito”.
EQUITALIA. Una battaglia di civiltà e di giustizia, la definisce Librandi. S’indigna quando spiega che “da ottobre, grazie all’iniziativa di Tremonti, cambiano le regole e direi il rapporto, tra fisco e contribuente. Si partirà dal concetto che per Equitalia saremo tutti evasori e starà a ciascuno di noi dimostrare il contrario. E’ allucinante, si ribalta l’onere della prova. Inaccettabile in uno stato di diritto”.
INVESTIMENTI STRANIERI. Tasse salate e burocrazia elefantiaca, spaventano le multinazionali straniere. “Anche qui bisogna cambiare, subito. L’idea è dire: investite nel nostro paese sapendo che i contributi saranno al 50 per cento”, sottolinea l’imprenditore-politico che alla proposta tecnica affianca un ‘cambio di mentalità’: “Promuoviamoci per quello che veramente siamo, un popolo di lavoratori, gente per bene, simpatica e volenterosa”. Provocazione a Grillo: “Il reddito di cittadinanza? Benissimo ma bisogna guadagnarselo lavorando”.
Articolo pubblicato su IntelligoNews