Intervento: Informativa del Governo sui vincoli del patto di stabilità e crescita

Roma, 17 luglio 2014

Ministro per l’Economia e le Finanze, Padoan Pietro Carlo: Informativa urgente del Governo sul rispetto dei vincoli derivanti dal patto di stabilità e crescita alla luce delle raccomandazioniagli Stati membri dell’Unione europea approvate l’8 luglio 2014 dal Consiglio Ecofin.

 

 

A voi il testo del mio intervento fatto, a nome di Scelta Civica, sull’informativa urgente:

 

Gentile Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi,

le raccomandazioni del Consiglio ECOFIN sui Piani di riforma e sui programmi di stabilità dei Paesi europei hanno avviato ufficialmente un percorso che si annuncia faticoso ma, io credo, alla nostra portata. Sul punto le raccomandazioni sono molto chiare: gli Stati membri dovranno impegnarsi da subito, e se necessario “con sforzi aggiuntivi, già dal 2014”, per adeguare i propri bilanci nazionali e le politiche pubbliche ai contenuti indicati dall’ECOFIN.

Attenzione, colleghi, a questo monito: “sforzi aggiuntivi”.

È uno sprone al nostro governo, e all’intera legislatura, a fare di più, a fare subito e a fare meglio. È un invito a rimboccarsi le maniche, a fare tesoro dei risultati già conseguiti, ma anche e soprattutto a non mollare la presa, ora meno che mai. Da questo punto di vista le raccomandazioni dell’ECOFIN contengono due indicazioni che sono per il governo che Lei oggi rappresenta, signor Ministro, di fondamentale importanza. Una è di programma, l’altra è di merito.

La prima indicazione, di programma, si trova nel punto in cui il Consiglio ci offre un supporto esplicito a favore degli obiettivi indicati dalla Presidenza italiana per promuovere  crescita sostenibile e occupazione attraverso uno sforzo comune di riforma.

 

È un supporto importante. È un plauso al lavoro svolto da questa legislatura. Un incentivo sulla strada delle riforme che questo Governo ha saputo finora ben interpretare.

 Bene, signor Ministro, ma sono certo di trovarla d’accordo con me sul fatto che il plauso del Consiglio, da solo, non basta.

 
Quello del Consiglio è, infatti, anche un monito al lavoro che vi aspetta – anzi, che ci aspetta – da qui a dicembre, e oltre.

Non voglio entrare nel dettaglio delle tante e diverse indicazioni che ci vengono date. Mi limito a quelle più importanti, soprattutto in chiave di rilancio dell’economia, dell’impresa e del lavoro.

Comincio proprio dal lavoro. Dovremo monitorare gli effetti delle riforme già attuate e, se sarà necessario, inserire tutti i correttivi che si renderanno opportuni per migliorarne l’efficacia e garantirne il funzionamento.

In particolare saremo chiamati a serrare i ranghi nella lotta alla disoccupazione, soprattutto con un impegno maggiore verso i nostri giovani.

Non è possibile per un Paese come il nostro, che ambisce a fare da guida in Europa, avere un tasso di disoccupazione giovanile che supera il 40%.
Le garanzie giovani che il governo ha promosso vanno a rilento. Su quasi 120mila giovani registrati, ci sono poco più di 5300 posti disponibili. Troppo poco.

 Questa non è una “garanzia giovani” è uno “stillicidio giovani”.
Da qui ai prossimi mesi bisognerà investire prima, e meglio, i fondi a disposizione, a partire da quelli che ci concede l’Europa. Dove meglio deve far rima con investimenti mirati e politiche attive.

Secondo, dovremo promuovere la semplificazione. Il testo licenziato la scorsa settimana dal governo promette nuove semplificazioni per cittadini e imprese. Ne siamo contenti. Per crescere è quanto mai urgente snellire la giungla burocratica degli appalti, aumentare le ipotesi in cui opera il silenzio assenso delle amministrazioni e agevolare le dichiarazioni di inizio attività.

 

Insomma, si tratta di rendere le semplificazioni qualcosa di più della solita promessa. Qualcosa che sia realmente tangibile per gli imprenditori e per i cittadini.
Se oggi un piccolo imprenditore spende in media 12mila euro, e impiega 30 giorni l’anno tra carte e bolli, domani dovrà spenderne molto meno della metà, e non dovrà impiegare più di una settimana per far fronte alla burocrazia.

È questo lo sforzo concreto per la crescita che ci chiede il Consiglio.

Infine il Consiglio ci invita a rendere duraturo l’impegno a favore della razionalizzazione della spesa.

Siamo chiamati a fare della macchina dello Stato uno strumento che lavora ad andatura regolare, che non sperpera le risorse, ma valuta i propri obiettivi, con lungimiranza.

Per farlo, c’è tanto da tagliare, ma c’è ancora di più da riordinare.

 

Sulla spending review, evitiamo la confusione e apriamo una discussione sulle proposte di razionalizzazione da molti miliardi avanzate dal Commissario e scegliamo quali accogliere e quali accantonare. La politica deve avere il coraggio di assumere decisioni, anche quando appaiono impopolari. Non illudiamoci che i tagli di spesa possano trovare il favore di tutti, né che la nomina di nuovi saggi o la “visionarietà” di qualche ottimo esperto possano far spuntare risorse dal nulla!
A tale proposito, vorrei che Lei ci dicesse a che punto sono i decreti attuativi previsti dal decreto degli 80 euro per dare attuazione ai tagli di spesa. Perché è ovvio che senza quelli i tagli rischiano di rimanere sulla carta.

C’è poi, onorevoli colleghi, Signor Ministro, una indicazione di merito cruciale nelle raccomandazioni ECOFIN. E cioè quella di “Fare il miglior uso della flessibilità, che è già inclusa nel Patto di stabilità e crescita”. Su questo punto, Signor Ministro, non posso che essere d’accordo con quello che Lei ha già spiegato chiaramente in Italia e in Europa: miglior uso significa porre la massima attenzione alle riforme strutturali che sostengono la crescita e migliorano la sostenibilità dei bilanci, senza cercare scappatoie. Flessibilità dunque, ma nel rispetto delle regole.
Un piano di riforme che prosegua coraggiosamente, com’è stato finora; un’attenzione costante ai progressi  e l’umiltà di cambiare quello che non sta funzionando. Questo, Signor Ministro, onorevoli colleghi, ci chiede il Consiglio. Non fossilizziamo la discussione solo sul vincolo del 3% e sullo sforamento dei limiti. Guardiamo oltre.

Le  partite da giocare sono quindi due

La prima, affermare con forza in Europa lo straordinario percorso di consolidamento e cambiamento che l’Italia ha intrapreso dal novembre del 2011 in poi: conti pubblici sempre in avanzo primario, la più imponente riforma pensionistica d’Europa, l’attuale modernizzazione costituzionale. Stiamo facendo la nostra parte, le istituzioni europee facciano la loro. Il neopresidente della Commissione Juncker ha parlato di un piano di investimenti di 300 miliardi di euro: lo stiamo già aspettando!

La BCE sfrutti a pieno il suo potenziale di strumenti non convenzionali per fornire più liquidità alle imprese che investono.

La seconda partita è tutta italiana e riguarda l’economia reale. Bisogna espandere l’output potenziale.

 

Da troppo tempo manca all’appello un piano di liberalizzazione dei servizi, la riforma del lavoro non dovrà essere timida o annacquata, il piano di privatizzazioni va esteso alla giungla delle municipalizzate, le grandi infrastrutture energetiche non possono essere bloccate a livello iper-localistico.
Concludo. Dopo anni, l’orizzonte temporale del governo italiano non è più il semestre o l’anno, ma l’intera legislatura. Ciò rappresenta una opportunità, ma anche una responsabilità per chi governa e per chi siede in Parlamento. Abbiamo apprezzato che il premier Renzi abbia sostituito la retorica dei cento giorni, la logica del tutto-e-subito, con l’orizzonte dei mille giorni: è una prova di maggiore serietà e concretezza.

Questo serve: serietà e concretezza. Se saremo seri e concreti, nelle misure che adotteremo internamente, sarà molto probabile che la visione italiana sul patto di stabilità e crescità venga assunta da tutti i Paesi membri.

 

Librandi