Politica deve compiere scelte razionali e lungimiranti, non di pancia

“Ci siamo battuti sulla vicenda del quorum, perché riteniamo che le decisioni politiche non possano essere nelle mani di piccole minoranze organizzate, capaci di raccogliere 500mila firme e di portare al voto pochi milioni di italiani. Non ci interessa la trasformazione della piattaforma Rousseau in uno strumento costituzionale.

Uno dei benefici più profondi della democrazia rappresentativa è proprio quello di sottrarre le scelte politiche all’emotività. Facciamo un esempio: dopo un delitto particolarmente efferato, o dopo un attentato terroristico, un eventuale referendum sulla pena di morte potrebbe guadagnare rapidamente consenso. Sarebbe un modo sano di governare il Paese?

La politica ha bisogno di buon senso e lungimiranza, non di emotività. Ricordiamoci sempre che le scelte che il Parlamento compie interessano tanti i cittadini di oggi che quelli di domani, che ancora non votano.”

#IniziativaLegislativaPopolare #Referendum #M5S

 

 

Il mio intervento alla Camera dei Deputati durante la discussione della proposta di legge costituzionale recante: Modifiche all’articolo 71 della Costituzione, in materia di iniziativa legislativa popolare, e alla legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1. (C. 1173-A) e delle abbinate proposte di legge costituzionale. 22 gennaio 2019:

Onorevole Presidente, membri del governo, onorevoli colleghi,

Esistono due modi di guardare alla democrazia diretta.

Il primo è quello di chi immagina di sostituire la democrazia rappresentativa con un perenne plebiscito tra un Sì e un No, tra Gesù e Barabba, tra scelte binarie semplificate e ideologiche.

La seconda modalità, più seria e utile al Paese, è la democrazia diretta vista come stimolo e strumento rafforzativo della democrazia rappresentativa. Vale a dire, come un incentivo alle istituzioni elette a non trascurare istanze e bisogni particolarmente diffusi tra i cittadini e che meritano di essere discussi e affrontati fino a una decisione.

La posizione del Partito Democratico è chiara: noi crediamo a questa seconda opzione, coerente con le migliori pratiche democratiche internazionali, e abbiamo lavorato al miglioramento del testo della riforma esattamente in quella direzione.

Noi crediamo fortemente che la democrazia diretta vada usata con attenzione e dentro limiti precisi posti dalla Costituzione.

Con le modifiche chieste e rivendicate dal Partito Democratico, vengono corrette molte delle anomalie e distorsioni della riforma degli strumenti di democrazia diretta previsti dall’Articolo 71 della Costituzione. Per noi ci sono alcuni paletti invalicabili, che riguardano l’equilibrio costituzionale più profondo della Repubblica. Anzitutto, lo strumento del referendum propositivo deve avere gli stessi limiti di materia previsti per il referendum abrogativo, in primis la materia fiscale, i trattati internazionali e dunque gli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea.

Rifiutiamo senza condizioni l’idea di proposte di legge di iniziativa popolare e referendum propositivi per approvare leggi che possano apertamente violare le direttive europee, perché questo significa insinuare nel processo costituzionale italiano una scelta “Europa sì, Europa no” che non può essere strumentalizzata. Se qualcuno vuole mettere in discussione la nostra adesione alla UE, abbia il coraggio di farlo apertamente, proponendo una legge costituzionale per un referendum sulla Italexit, non con leggine contro le direttive UE che comporterebbero solo sanzioni per i contribuenti e danni per i cittadini italiani ed europei.

Ancora, è per il PD fondamentale l’eliminazione di quella specie di referendum a tre opzioni “status quo, proposta popolare e testo parlamentare” che trasformerebbe il referendum in una insostenibile contesa tra status quo, piazza e Parlamento.

Ci siamo battuti sulla vicenda del quorum, perché riteniamo che le decisioni politiche non possano essere nelle mani di piccole minoranze organizzate, capaci di raccogliere 500mila firme e di portare al voto pochi milioni di italiani. Non ci interessa la trasformazione della piattaforma Rousseau in uno strumento costituzionale.

Lo abbiamo fatto perché ci battiamo contro una democrazia plebiscitaria usata come supplente di una politica che non sa decidere o che pensa che le decisioni siano legittimate solo dalla “piazza”. Come dimostra la vicenda della TAV, che paralizza il governo e scelte strategiche dell’intero Paese, quando si contrappongono perennemente una piazza del Sì contro una piazza del No, non si produce alcuna decisione, ma si polarizza l’opinione pubblica e si rendono sempre più difficili le scelte di governo. E’questa la democrazia che abbiamo in mente? E’ questa la cultura di governo che vogliamo trasferire in una modifica della Costituzione?

Forse non tutti ricordano la lezione concreta di libertà e democrazia che Alessandro Manzoni affidò alle pagine dei Promessi Sposi, relative alla “rivolta del pane”: la formazione del consenso attraverso l’uso della piazza porta le opinioni estremizzate a prevalere su quelle più meditate. Nella Milano del Seicento tanti scesero in piazza durante la carestia e proprio in piazza si formò un giudizio sommario contro i fornai che nascondevano la farina. C’era evidentemente penuria di materie prime, ma si affermò tra la gente una vera fake news, una teoria del complotto che determinò scontri e rivolte.

Così oggi, chi si illude di far nascere le scelte politiche in piazza, finirebbe per ripetere all’infinito la rivolta dei fornai. Si farebbero cioè prevalere le decisioni emotive sul buon senso e la razionalità.

Uno dei benefici più profondi della democrazia rappresentativa è proprio quello di sottrarre le scelte politiche all’emotività. Facciamo un esempio: dopo un delitto particolarmente efferato, o dopo un attentato terroristico, un eventuale referendum sulla pena di morte potrebbe guadagnare rapidamente consenso. Sarebbe un modo sano di governare il Paese? La politica ha bisogno di buon senso e lungimiranza, non di emotività. Ricordiamoci sempre che le scelte che il Parlamento compie interessano tanti i cittadini di oggi che quelli di domani, che ancora non votano.

Chiudo con una riflessione generale che riguarda le riforme costituzionali. Leggiamo con piacere che la maggioranza intende promuovere questa modifica dell’Articolo 71 con il concorso dell’opposizione, nella convinzione che solo una riforma condivisa ha la legittimità necessaria per diventare patrimonio comune ed essere accettata senza fratture. Apprezziamo questo intento. Con uguale spirito collaborativo abbiamo approcciato il testo proposto, per migliorarlo dove si può e si deve. Questo è il compito di una opposizione democratica e pienamente repubblicana, quale siamo.
Ma la nostra disponibilità è legata al merito delle scelte che si vorranno assumere. Siamo interessati a un processo di riforma completo e coerente, mentre non saremo mai lo specchietto per le allodole di eventuali tentativi di svuotamento delle istituzioni rappresentative, che sono e restano la nostra più grande garanzia di libertà.